• San Basso

    Il Santo Patrono di Termoli


    Termoli venera San Basso come suo patrono almeno dal XII secolo, come attestano le relazioni conservate nell'Archivio Storico Vaticano e la statua sulla facciata della Cattedrale. 

    L'identità del santo è incerta per la distruzione di documenti e fonti storiche. Il ritrovamento delle reliquie avvenne fortuitamente il 31 dicembre del 1760, in occasione degli scavi per collocare il nuovo altare maggiore della Cattedrale, cosi come fu fortuito il ritrovamento, nel 1945, sempre in Cattedrale, delle reliquie di San Timoteo, discepolo dell'apostolo Paolo e compatrono della città. 

    Con cautela si può affermare che San basso sia stato Vescovo di Nizza, il cui sarcofago, per credenza popolare, fu gettato in mare dai Normanni ed approdato sulla costa. Da qui la consuetudine di portare il corpo del Santo in processione a mare nel giorno 3 agosto, alla vigilia dei festeggiamenti del 4.  Altre fonti avvalorano l'ipotesi che San Basso fosse il Vescovo di Lucera martirizzato nel 1117, le cui spoglie sono state trafugate dai termolesi insieme a quelle di San Pardo. 

    La venerazione di San Basso è da sempre legata al mare ed alla pesca. E' invocato dai pescatori per confortarli nelle fatiche quotidiane. 

    Viene festeggiato due volte l'anno. Il 4 agosto , data della traslazione delle ossa, ed il 5 dicembre, secondo martirologio romano.



    LE RELIQUIE DI SAN BASSO

    di Lucia Checchia

    Strettamente legato alla tradizione marinara è il culto di San Basso, venerato dalla cittadina termolese da tempo immemorabile. Ne è una riprova la statua sul portale della Cattedrale con tanto di iscrizione.

    Molto probabilmente Termoli è entrata in possesso delle reliquie del Santo non prima dell’anno mille; resta l’incertezza circa le modalità e la provenienza delle stesse.

    Le reliquie furono nascoste nella “Grotticella” all’interno della Cattedrale.

    La fortuna di ritrovarle fu di Tomaso Giannelli, vescovo di Termoli dal 1753 al 1768. Egli ci ha lasciato un resoconto dettagliato del ritrovamento avvenuto la sera del 31 dicembre 1760.

    Nella relazione datata 8 gennaio 1761 egli attesta il ritrovamento, la ricognizione delle ossa e la decorosa sistemazione delle reliquie per la venerazione dei fedeli.

    È molto cauto nell’attribuire le reliquie al vescovo e martire di Nizza. Afferma però che le feste del 4 agosto (giorno della traslazione) e del 5 dicembre (giorno del martirio), celebrate da tempo immemorabile, non avrebbero avuto senso se non ci fosse stata la certezza che quel corpo fosse effettivamente quello del santo Vescovo e Martire Basso. Nella sua omelia del 4 agosto 1762 il vescovo capovolge la situazione affermando che le reliquie appartengono a S. Basso martire e vescovo di Lucera.

    La città di Lucera, in alcuni documenti, ipotizza un furto delle reliquie da parte dei termolesi verso il nono secolo. Secondo il Giannelli dunque il corpo di S.Basso sarebbe giunto a Termoli via terra. Della stessa opinione non è il vescovo D’Agostino convinto sostenitore del fatto che le reliquie appartengono effettivamente a S.Basso di Nizza, trafugato dai marinai termolesi a Marano dopo il X secolo e giunto a Termoli via mare.

    “La leggenda narra che ad una donna di Marano, sposata ad un uomo di Termoli, fu rivelato misteriosamente che nel sotterraneo della Chiesa di un convento vicino Marano fosse sepolto il corpo di S.Basso. Avvertite le Autorità, la leggenda narra che furono trovate realmente le ossa del santo nel luogo indicato dalla donna.

    Questa, tornata a Termoli, comunicò tale prestigioso evento ai termolesi che, spinti da chissà quale pio desiderio, di notte navigarono fino alle coste di Marano per trafugare le reliquie del santo. I maranesi, avvertiti del pericolo, impedirono il… sacro trasloco e, con gesto magnanime, donarono alla pia donna l’avambraccio destro. Questa portò la sacra reliquia a Venezia per farla rivestire d’oro e racchiuderla in un’urna d’argento. Ma l’orefice, d’accordo con il Doge, sottrasse la vera reliquia e restituì alla donna un avambraccio finto, di legno di fico e rivestito d’oro.

    La donna, tornata a Termoli, volendo accertarsi dell’autenticità dell’avambraccio lo punzecchiò con uno spillo; dal pezzo di legno, miracolosamente, sprizzò sangue vivo. In effetti il corpo venerato a Cupramarittima (già Marano) è privo di questa parte. La restante parte del braccio destro fu donata dalla città di Marano alla città di Nizza”.